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Con la primavera alle porte, domenica 8 marzo dedicata ad una gita in quel di Dozza imolese, vicino a Imola, nel Borgo medievale caratteristico per la sua Rocca, visitabile e suggestiva, e per i suoi muri dipinti che conferiscono a questa cittadina una atmosfera tutta particolare ed artistica racchiusa in uno scenario da favola, ovvero le colline ricche di vigneti e prati verdeggianti.

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Passeggiando tra le viuzze silenziose di questo delizioso borghetto infatti,  si è accompagnati da opere murali che si integrano pienamente con il panorama e le case circostanti…

Si può allora scorgere una coppia in intimià tra le mura domestiche come attraverso una finestra tra le finestre…

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o si possono origliare le chiacchiere tra due originali “vicine di casa” che spettegolano sui fatti del giorno…

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Si tratta di opere murali che si collocano come espressione artistica di una rassegna biennale che si svolge a settembre, nel periodo della vendemmia, e che vede questo borgo animarsi da una sessantina d’anni di artisti e pittori che fanno del borgo la loro tela, cercando di trovare un connubio tra opere d’arte e costruzioni cittadine.

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Questa piazzetta ormai ricolma di spunti artistici è infatti stata paragonata alla più celebre Montmartre…

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in cui persino il fumetto di Hugo Pratt trova collocazione tra i vigneti dell’Albana già in odore di Romagna…

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in questa piccola cittadina dove tra le viuzze si trovano scorci suggestivi, artistici e naturali…

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Non si può non visitare la celeberrima Rocca, costruita nel 1250 dal Comune di Bologna e ampliata nel 1310 da Romeo Pepoli. L’aspetto attuale si deve all’architetto Giorgio Marchesi che vi lavorò sul finire del ‘400, ricostruendo parte delle cortine e fortificandola col torrione maggiore, il Torresino, splendido esemplare di architettura militare tardo quattrocentesca.
Tali lavori si resero necessari per adattare la prima struttura fortificata alle nuove modalità difensive portate dalle armi da fuoco, ma hanno fatto perdere gran parte delle tracce della vecchia costruzione medievale.
Il complesso è a pianta esagonale, con un perimetro di circa 200 metri. La trasformazione della Rocca da struttura puramente militare in palazzo signorile fu iniziata da Annibale, Baldassarre e Vincenzo Campeggi, che occuparono l’edificio nel 1565 e fu terminata da Antonio Campeggi nel 1594.
I lavori di ristrutturazione e di ampliamento del possente edificio furono affidati ai Massari di Dozza (ossia ai capi pro tempore della Comunità) e si protrassero fino al 1594, col precipuo scopo di ricavare capaci e decorosi ambienti consoni alle funzioni di sede di rappresentanza feudale della rocca.
Nel 1798, a seguito delle confische napoleoniche, la rocca fu sul punto di venire confiscata, ma il marchese Giacomo Malvezzi-Campeggi seppe scongiurare un simile provvedimento dimostrando con appositi memoriali che essa era stata acquistata per 4.000 scudi d’oro dal Cardinale Lorenzo Campeggi e che era stata in seguito più volte ampliata e restaurata dai Campeggi e dai Malvezzi-Campeggi, che ne avevano fatto la loro residenza. Pertanto, la costruzione era da considerarsi un bene allodiale, o comunque privato, e non un bene feudale e quindi non doveva soggiacere alla confisca.

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da cui si vede tutto il Borgo…

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Il percorso da seguire:

La parte più significativa della residenza Campeggi-Malvezzi si trova al primo piano ed è costituita da una “sala maggiore” con una grande portafinestra che immette ai camminamenti di ronda delle cortine sud della rocca; in alto, sui quattro lati, figurano venti ritratti di antenati illustri dei Malvezzi, tra cui Pirro, il primo conte. In basso sono appesi quattro grandi ovali racchiusi da cornici dorate, opera del ferrarese Felice Torelli (XVII secolo): sono ritratti a figura intera, e in abiti e atteggiamenti d’epoca, Emilio Malvezzi, sua moglie Teresa Sacchetti, Antonio e Matteo Malvezzi. Nel salone è appeso anche un grande arazzo di lana e seta databile alla metà del XVII secolo, su cui spiccano gli stemmi dei Malvezzi e dei Campeggi.

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Nella sala attigua, arredata con tavolo rustico in noce, del XVI secolo e cassapanca dello stesso periodo è appeso il dipinto raffigurante la famiglia Campeggi (1633) opera di Lorenzo Pasinelli e, nella parete di fronte, il ritratto di Lorenzo Campeggi.
Si segnalano inoltre la “sala rossa”, con una grande specchiera dorata del XIX secolo, cassapanca cinquecentesca e il soffitto a cassettoni, e la contigua “camera di Pio VII”, che conserva l’arredamento del soggiorno dell’allora vescovo di Imola Barnaba Chiaramonti, prima dell’elezione a Pontefice, nel 1800, costituito da letto, e canterani del ‘600; vi si trova anche il quadro “Madonna con bambino” di Alessandro Tiarini, del ‘600.
A lato della “sala maggiore” è posta la “sala d’armi”, col soffitto decorato e un lampadario in ferro battuto, contenente armi d’epoca.
Sul lato sinistro della sala maggiore si apre una stanza che dà accesso alla “cappella” dedicata alla Madonna Immacolata, ricavata nello spessore del muro (m 3,30 di profondità) con un altare e confessionale barocchi. Di fronte è posto un pozzo a rasoio, antico trabocchetto militare di difesa interna, scoperto e riportato alla luce negli anni ’70 a seguito di interventi di restauro dell’edificio.

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Seguono la “camera da letto” e la “camera degli ospiti”.
Dalla camera degli ospiti si accede ad un ingresso di servizio che presenta tracce di decorazioni del ‘400, mentre sulla loggetta sulla corte lato nord si apre un locale con “bagno” realizzato in scagliola.
Dall’appartamento del feudatario, una scala conduce al Torrione dei Bolognesi e, seguendo gli antichi camminamenti di ronda della cortina sud, alla sommità del Torresino.

Scendendo nel cortile con loggiato, ci si addentra all’interno dei torrioni dove sono la stanza della tortura, dalla quale si accede alla grande fossa dei supplizi, e le antiche prigioni con le celle di segregazione che conservano ancora le scritte dei detenuti graffite sui muri.

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In una cella è incisa la rozza sagoma di uno scheletro seguito da versi scritti da Bartolomeo Monti nel 1640: “O tu che guarda insu/io era come dici tu/tu serrai commo sono io-guarda in questo e spera in Dio”.

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Sempre con accesso dal cortile interno, si trovano la lavanderia e la suggestiva cucina, tipico complesso di attrezzatura patriarcale emiliana con madie, casse, tavolo, pozzo, torchio e utensili d’uso quotidiano.

Informazioni tratte da questo sito.

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